Non vuole andare a scuola
Fabio ha tredici anni, la mattina si lamenta spesso di avere mal di testa, mal di pancia e non vuole andare a scuola.
Il medico non riscontra problemi fisici, ma il ragazzo continua a lamentarsi ed esprime il desiderio di rimanere a casa.
I genitori sono confusi: a volte lo accontentano, altre volte gli impongono di lavarsi, vestirsi per andare a scuola.
Quando Fabio rimane a casa, appare sereno, tranquillo, svolge le sue attività e non si lamenta. Se viene accompagnato a scuola piange, non vuole scendere dalla macchina, deve essere preso con la forza ed accompagnato all’interno della classe.
Facciamoci un po’ di domande per capire bene la situazione, al fine di intervenire correttamente.
Da quanto tempo Fabio chiede di non voler andare a scuola?
Ci sono cambiamenti, difficoltà o problemi a scuola?
Fabio ha litigato con i compagni, teme qualche insegnante?
Qual è il suo rendimento scolastico?
Tendenzialmente Fabio ha difficoltà nell’affrontare le situazioni di vita quotidiana, tende ad evitare e preferisce rimanere a casa?
Ci sono cambiamenti a livello familiare, che possono aver creato disagio nel ragazzo?
E’ importante parlare con il ragazzo e con gli insegnanti per avere maggiori informazioni.
Dai colloqui, non emergono importanti difficoltà scolastiche, Fabio è un ragazzo intelligente, studia ed ottiene discreti risultati, ha, inoltre, un buon rapporto con i compagni e con gli insegnanti. Emerge un po’ di disagio quando entra in classe: per circa mezz’ora è taciturno, ha gli occhi arrossati per il pianto, preferisce rimanere da solo, dopo di che ritorna sereno e svolge le sue attività senza problemi.
Dal colloquio con i genitori emerge che durante l’inserimento alla scuola materna e alle elementari, Fabio piangeva, preferiva rimanere a casa e spesso veniva accontentato. Solitamente ha difficoltà quando deve iniziare un’attività nuova, teme di non essere capace, all’altezza della situazione e piange. I genitori lo accompagnano, lo aiutano, se possono si sostituiscono a lui, invece di incoraggiarlo a provare. Quando insistono affinché Fabio affronti una situazione nuova, il ragazzo prova disagio iniziale, ma poi riesce bene. Fabio ama rimanere a casa, gioca con la play station, si collega ad internet. Si sente tranquillo e protetto quando è a casa con i suoi genitori.
Come intervenire?
Fabio e i suoi genitori devono capire che non affrontare le difficoltà temute non sarà sicuramente di aiuto, ma peggiorerà la situazione.
Evitare permette al ragazzo di stare bene al momento, ma a lungo andare rischia di evitare sempre più situazioni e si convincerà di non essere in grado di cavarsela da solo senza i genitori. Fabio deve andare a scuola tutte le mattine. Anche se i genitori faticano e devono imporsi con fermezza, sanno che il figlio superato l’impatto iniziale appare sereno e contento di andare a scuola e in generale svolge bene le varie attività.
Gioca un ruolo importante la coerenza e la continuità dell’intervento genitoriale: tutte le mattine il figlio andrà a scuola. L’incoerenza confonde il ragazzo stesso il quale riceve messaggi diversi ed ambivalenti ad una stessa richiesta fatta in giorni diversi.
In generale, Fabio dovrebbe essere incoraggiato e subito premiato per aver affrontato una situazione temuta, che avrebbe evitato. Le sue preoccupazioni e dubbi devono essere vissute non come verità assolute, ma come ipotesi da verificare personalmente e direttamente.
Fabio tende ad anticipare negativamente le situazioni:
“Ce la farò?,
Sarò capace?
Cosa mi chiederanno?
Ingigantisce gli eventi e tende a vedere sempre risultati negativi: “Sicuramente andrà male, non ricorderò nulla, ...”.
Tutte le volte che Fabio riuscirà ad affrontare una situazione sarà per lui una vittoria importante che andrà a rinforzare la stima di se stesso e smantellare la convinzione di non essere abbastanza capace.
Quando è importante richiedere l'intervento di uno psicologo?
- quando il ragazzo prova intensi livelli di ansia: dovrà, infatti, imparare tecniche per la gestione dell'ansia, tecniche cognitive e comportamentali per gestire i pensieri negativi e le preoccupazioni.
- quando i genitori desiderano non gestire da soli tale situazione.
- quando il ragazzo evita le situazioni: imparerà ad affrontare gradualmente le situazioni vissute con disagio o completamente evitate.
- quando il ragazzo ha poca autostima e considerazione di se
- quando il ragazzo presenta paure e fobie.
In quali momenti si può verificare un attacco di panico?
Gli attacchi, soprattutto i primi, si verificano tipicamente in modo improvviso, “A CIEL SERENO”. Nella maggior parte dei casi la persona sta svolgendo normali attività quotidiane o addirittura è in un momento di relax. Tali attacchi di panico vengono definiti SPONTANEI e sono i più tipici.
Spesso, la persona che ha avuto i primi attacchi di panico teme che l’esperienza si possa ripetere, soprattutto nelle situazioni in cui ha sperimentato i primi attacchi. Pertanto trovarsi in una situazione in cui in precedenza si è avuto un attacco di panico può scatenare un nuovo attacco di panico. In questo caso si parla di attacchi di panico SENSIBILI alla SITUAZIONE.
Gli attacchi di panico, in alcuni casi, si verificano esclusivamente in determinate situazioni: luoghi chiusi o affollati. Tali attacchi di panico vengono definiti SITUAZIONALI.
Si possono verificare attacchi di panico NOTTURNI, cioè di notte quando la persona sta dormendo. In questi casi, ci si sveglia di soprassalto avvertendo gli stessi sintomi che caratterizzano gli attacchi di panico diurni.
Alcune condizioni possono facilitare il panico. Tra le più comuni si ricorda l’assunzione elevata di caffeina, abuso di sostanze con effetto psicostimolante (cocaina, amfetamine, cannabinoidi, etc,…), uso di farmaci. In questi casi, si parla di panico INDOTTO DA SOSTANZE.
L'importanza di una corretta diagnosi
Prima di parlare di panico è opportuno escludere la presenza di patologie organiche, in grado di indurre sintomi simili al panico.
Una visita medica e semplici esami da laboratorio sono in molti casi indispensabili, prima di procedere ad un trattamento.
E’ importante, quindi, capire se la persona soffre di patologie dell’apparato cardiovascolare, gastrointestinale, respiratorio, del sistema nervoso centrale-periferico e del sistema endocrino. Ad esempio, nell’ipertiroidismo, l’eccesso di ormone tiroideo induce sintomi quali: tachicardia, ansia, insonnia, irritabilità, iperattività e disagio. Tali sintomi sono assai simili a quelli di un attacco di panico. Se il disturbo organico non viene, però, diagnosticato si rischia di intraprende solo un trattamento specifico per l’ansia, quando, invece, la persona necessita di terapie mirate per curare l’ipertiroidismo. E’ anche vero che se la persona si spaventa per i sintomi che avverte può avere attacchi di panico. In questi casi, oltre curare il problema organico, può essere utile anche un trattamento per l’ansia.
In fase di assessment è importante sapere se la persona fa uso di cocaina, amfetamina, allucinogeni, derivati della cannabis. Tali sostanze inducono tachicardia e stati di eccitazione, sintomi che possono essere confusi per ansia. In questi casi, è importante intraprendere trattamenti specifici che siano di aiuto affinchè la persona interrompa l’uso di tali sostanze. Queste ultime possono anche indurre nella persona attacchi di panico. Può essere, così, utile anche un trattamento per l’ansia.
L’eccesso di sigarette e di caffeina e l’abuso di alcol giocano un ruolo assai importante nel favorire, aggravare e mantenere nel tempo gli attacchi di panico. In questi casi è consigliato ridurre al minimo o evitare completamente tali sostanze.
Numerosi farmaci sono in grado di indurre sintomi facilmente associabili con il panico: ansiolitici, antidiabetici, diuretici, broncodilatatori.
Ansia generalizzata: pensieri, emozioni e comportamenti
Situazione (A) Pensieri (B) Emozioni (C) Comportamento (C)
Situazione: Mia figlia è in ritardo di 1 ora
Pensieri: “E’successo una disgrazia”, “Avrà avuto un incidente”
Emozione: Paura (90)Ansia (90)
Comportamento: La chiamo al cellulare, Mi arrabbio e le riattacco il telefono senza salutarla
Situazione: Mia figlia esce la sera con gli amici
Pensieri: “Non devo addormentarmi”, “Devo essere sicura e vedere se mia figlia ritorna a casa”
Emozione: Ansia (60)Preoccupazione(60)
Comportamento: Rimango seduta sulla sedia con il cellulare in mano
Situazione: E se mio marito mi chiede intimità
Pensieri: “Non ho voglia”, “Non mi va”
Emozione: Ansia (70)
Comportamento: Mi invento il mal di testa, Vado a dormire anche se non ho sonno
Situazione: Termino di cenare
Pensieri: “Devo sistemare in fretta la cucina”, “Devo pulire e riordinare”, “E se arriva mia madre in questo momento e trova tutto in disordine?”
Emozione: Agitata e nervosa (80)
Comportamento: Inizio a sparecchiare anche se gli altri mangiano, Pulisco tutto anche se non ho voglia
Situazione: Mia madre mi chiede di fare la spesa insieme
Pensieri: “Non ho voglia di portarmela”, “Voglio uscire da sola”, “Che palle, è lenta”
Emozione: Agitata e nervosa (80)
Comportamento: La porto con me ma sono nervosa
Situazione: Mio marito mi chiede di uscire in macchina
Pensieri: “E se succede un incidente?”
Emozione: Paura (80)
Comportamento: Dico che sono stanca e rimango a casa
Il mio Disturbo Ossessivo Compulsivo: conto, addiziono, sottraggo e faccio patti con il diavolo
Mi chiamo Sara ho trenta anni.
Mi capita di fare delle stranezze:
1) Quando sono ferma al semaforo, addiziono i numeri della targa della macchina che ho di fronte. Il numero finale lo trasformo in una lettera dell’alfabeto. Es: 364, la somma è 13, la lettera corrispondente è O. Se non faccio la somma ho paura che mi capiti qualche disgrazia.
2) Prima di salire i gradini, li devo contare e poi trovare la lettera dell’alfabeto corrispondente.
3) Mi vengono in mente continui ed assillanti pensieri che ho venduto l’anima al diavolo, ho fatto patti con il diavolo. Per cui non sono contenta quando le cose mi vanno bene: trovo un lavoro, vado d’accordo con il fidanzato, …, perché il mio Disturbo Ossessivo Compulsivo mi manda continui pensieri che se le cose mi vanno bene è dovuto al fatto che ho fatto un patto di sangue con il diavolo.
Terapia cognitivo comportamentale
Fase psicoeducazionale: in una prima fase, Sara imparerà a conoscere il Disturbo Ossessivo Compulsivo, sintomi tipici, caratteristiche e potrà leggere libri specifici sul suo disturbo;
Rilassamento e respirazione diaframmatica: tali tecniche sono importanti per gestire l'ansia che Sara potrà provare.
Lavoro sulla motivazione: Sara farà un elenco dei vantaggi che potrà ottenere se sarà libera dal Disturbo Ossessivo Compulsivo. Immaginare la realizzazione dei vantaggi aiuterà Sara a superare i momenti di maggior sconforto e la renderanno più ostinata a seguire la terapia.
Elenco degli obiettivi: verranno elencati gli obiettivi concreti, specifici e realizzabili che Sarà vorrà raggiungere.
Esposizione e prevenzione della risposta: Sara avrà il compito di salire e scendere le scale senza contare i gradini. Se avrà dubbi e pensieri ossessivi sulle possibili disgrazie a cui andrà incontro, dovrà dirsi con forza "non mi interessa, sono solo pensieri ossessivi, non sono la realtà".
Si dovrà esporre a tutte le situazioni senza emettere le compulsioni.
Esposizione ai pensieri ossessivi terapeuta e Sara registrano sul nastro tutti i pensieri ossessivi, le paure, i dubbi. Sara avrà il compito di riascoltare il nastro più volte nell'arco della giornata, monitorare il livello di ansia provato. Alla fine per un processo di assuefazione, Sara si sarà abituata e l'ansia inizierà a diminuire di intensità fino a scomparire.
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Dott.ssa Maria Narduzzo
Psicologa Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Terapeuta EMDR
Docente dell'Istituto Watson
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