Aree di intervento: Disturbi D'Ansia, Agorafobia, Attacco di panico, Disturbo d'Ansia Generalizzata, Disturbo di Panico, Disturbo Ossessivo Compulsivo, Disturbo Post Traumatico da Stress, Fobia Sociale, Fobia Specifica

04.12.07

La paura di contaminarmi

11:54:02, Aree di intervento: Disturbo Ossessivo Compulsivo  

Disturbo Ossessivo Compulsivo: la paura di contaminarmi

Ho vissuto per 8 anni con la paura di sporcarmi, di toccare qualcosa di non pulito e di contaminarmi.

Mi lavavo le mani almeno cinquanta volte al giorno tanto che la pelle era tutta rossa e bruciata dal sapone. Usavo grandi quantità di detersivi e non potevo lavare le mani come volevo, tutto seguiva un preciso e rigido schema. Se i vari passaggi erano fatti bene potevo smettere di lavarmi, altrimenti mi sentivo invasa da una forte ansia ed ero costretta a ripetere 2, 4, 6, 8 e anche 10 volte tutti i passaggi. Non potevo lavarmi le mani per un numero dispari di volte altrimenti sarebbe successo qualcosa di brutto a mio marito.

Versavo grandi quantità di sapone sulla mano sinistra, sfregavo dall’alto in basso il palmo della mano destra per 6 volte. Prendevo altro sapone nella mano destra e ripetevo lo stesso lavaggio per la mano sinistra. Alla fine incrociavo le dita di entrambe le mani e le sollevavo fino ad una certa altezza. Quando mi sentivo soddisfatta per aver raggiunto il punto preciso, potevo sciacquare le mani sotto l’acqua. Mi asciugavo nel mio asciugamano, che nessuno dei miei familiari avrebbe dovuto usare.

Tutta la mia vita era invasa dal Disturbo Ossessivo Compulsivo: non potevo toccare il denaro perché ero convinta che fosse sporco. Disinfettavo monete, portafoglio e strofinavo i soldi di carta.

Quando andavo a fare la spesa, ero continuamente tesa: avevo paura che qualcuno mi toccasse i miei vestiti. In questi casi sarebbe partito il Disturbo Ossessivo Compulsivo: “e se passando, quel signore ti ha toccato la maglia?”, “adesso è sporca!”, “quando rincasi la lavi subito, altrimenti sporchi la casa e poi lo sai che non puoi vivere in una casa sporca, devi disinfettare tutto”.

La merce acquistata non potevo metterla direttamente negli armadi, dovevo disinfettare tutto per ore ed ore. E così tutto il resto, lavavo armadi, pavimenti, oggetti, indumenti, le scarpe. In un armadio avevo sistemato la roba pulita ed in un altro gli indumenti messi una volta.

A casa mia non entrava nessuno: animali, amici, parenti, vicini di casa, perché il mio Disturbo Ossessivo Compulsivo mi costringeva a disinfettare tutto.

Ero perfettamente consapevole che le mie mani non erano sporche, così come ero consapevole che ciò che toccavo non poteva essere contaminato. Ma non riuscivo a togliermi dalla testa la sensazione ed i pensieri ossessivi che le mie mani erano sporche.

Provavo un ansia terribile e non potevo non effettuare tutti i lavaggi. Non riuscivo a smettere. Mille dubbi nella testa: “le ho lavate bene?”, “sono pulite?”, “cosa ho toccato?”.

Un terribile segreto, che cercavo di tenere nascosto sul lavoro. Quante strategie che mi sono inventata per sopravvivere: salviettine umidificate, non stringevo la mano a nessuno, mangiavo da sola…...

Oggi non è più così, posso dire di essere libera dall’inferno che crea il Disturbo Ossessivo Compulsivo.

Ho capito che ho un disturbo di ansia che si chiama Disturbo Ossessivo Compulsivo ed è a causa sua che ho continui pensieri ossessivi di contaminazione. Con la terapia comportamentale sono riuscita a non emettere più i rituali. Mi è costato, ho provato ansia ma per nessun motivo al mondo avrei ceduto, era troppo forte il desiderio di guarire.

I pensieri ossessivi si presentano ancora oggi, anche se con una frequenza ed intensità minore, ma riesco ad ignorarli e faccio esattamente il contrario di ciò che il mio doc mi ordina di fare.

E’ scattato in me un atteggiamento di sfida nei confronti del doc. Sono nel supermercato e mi avvicino alle persone, con una scusa tocco intenzionalmente i loro vestiti e con le mani tocco i miei abiti.

Mentalmente mi sono rappresentata il mio doc come un mostro che si nutre di compulsioni. Oggi quel mostro è molto piccolo, cerca di darmi fastidio, ma io riesco a farmi una risata e vado avanti nella mia vita.

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16.11.07

Domande sulla terapia cognitivo comportamentale del Disturbo di Panico

Per chi è indicata la terapia cognitiva comportamentale?

1. Per pazienti che hanno risposto parzialmente o non hanno risposto alla terapia farmacologica,
2. Per chi desidera sospendere i farmaci,
3. Per coloro che soffrono di panico con o senza agorafobia e non hanno iniziato nessun trattamento,
4. Per chi desidera capire quali fattori hanno determinato o mantengono il panico e predispongono a eventuali ricadute,
5. Per coloro che desiderano acquisire tecniche utili per gestire i sintomi dell’ansia.

QUANTO DURA IL TRATTAMENTO?

Il trattamento cognitivo comportamentale specifico per il panico offre benefici dopo un breve periodo di tempo, di 12 –15 incontri.

E’ EFFICACE?

In accordo con il National Institute of Mental Health (1993), numerose ricerche hanno dimostrato l’efficacia della terapia cognitiva comportamentale per il trattamento del disturbo di panico con o senza agorafobia. Inoltre, i risultati ottenuti vengono mantenuti nel tempo.

Perché prestare attenzione alle sensazioni corporee è un atteggiamento negativo che va eliminato?

Una volta che l’attacco di panico è avvenuto, la persona presta attenzione in modo “selettivo” al proprio corpo al fine di cogliere i primi segnali di ansia.

La persona è convinta che tale atteggiamento sia utile al fine di mettere in atto strategie che possono evitare il panico. Ad esempio: la persona si concentra sulla respirazione per verificare se respira bene e se ha abbastanza aria. Questi pazienti interpretano l’affanno e la mancanza di aria come segni di soffocamento. Per evitare di morire soffocati respirano profondamente e controllano il proprio respiro per prevenire le conseguenze temute. In realtà, facilitano così i sintomi dell’iperventilazione, quali capogiri, fenomeni dissociativi, aumento della mancanza di respiro, …

Se l’idea era quella di prevenire un attacco di panico, in realtà attiva egli stesso i sintomi dell’ansia.

Le conseguenze negative dell’attenzione selettiva al proprio corpo sono:

1. la persona vive in uno stato di continua tensione ed allerta
2. è spesso concentrato sul suo corpo
3. non è attento a ciò che lo circonda
4. percepisce sensazioni che in realtà non avvertirebbe se si concentrasse sul mondo esterno
5. ha paura dei sintomi che avverte e tende a pensare alle cose peggiori
6. attiva e mantiene i circoli del panico

“… SO CHE NON è RAZIONALE, MA è Più FORTE DI ME. MI BASTA PENSARE DI TROVARMI IN CERTE SITUAZIONI O DI AVERE CERTE SENSAZIONI: COME LA TACHICARDIA, IL SUDORE O IL SENSO DI SOFFOCAMENTO, PER ENTRARE IN CRISI. MI SEMBRA NORMALE EVITARE PER NON STARE MALE. COME è POSSIBILE AFFRONTARE LE SITUAZIONI CHE EVITO?”

E’ comprensibile che la persona che soffre di panico eviti le situazioni perché ha paura di stare male. Ma l’evitamento non è la soluzione al problema. La persona sta bene nell’immediato. Ma poi? Si costruisce una gabbia che lo intrappola: inizialmente evita una situazione, poi un’altra, poi un’altra ancora, fino a limitare la sua vita.

Il problema non sono le situazioni ma è la paura dei sintomi. Durante la terapia la persona comprende, verifica e prova che di fatto non succede nulla: l’ansia non è pericolosa, non è dannosa, e può essere gestita. La persona acquista sicurezza e si sentirà gradualmente pronta di affrontare le situazioni temute. Sono previste esposizioni in cui inizialmente terapeuta e paziente affrontano insieme varie situazioni.

AL TERMINE DELLA TERAPIA COGNITIVO COMPORTAMENTALE, SI POSSONO VERIFICARE DELLE RICADUTE?

Partiamo dal presupposto che nessuno è esente dall’ansia. L’ansia fa parte della nostra vita. Quindi, l’obiettivo che ci poniamo in terapia non è quello di non provare più ansia. Al contrario, possono essere previste delle possibili ricadute a distanza di tempo, ma qualora e se si dovessero verificare, la persona non reagirà con intensa paura perché ha acquisito tecniche cognitive e comportamentali per il controllo e la gestione del panico.

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12.11.07

Ho troppi pensieri e non riesco a dormire

13:44:05, Aree di intervento: Disturbo d'Ansia Generalizzata, Disturbo del Sonno  

L'esperienza di Carmela

Sono una persona che mi agito per nulla. Basta veramente poco: i miei figli devono andare in gita e penso e ripenso a tutto ciò che può servire; devo organizzare una cena e anche qui penso per ore a cosa cucinare, in che modo, a ciò che potrebbe piacere o non piacere ai miei ospiti. Ci tengo che tutto sia fatto bene.
Se litigo con una persona, mi capita di rimuginare su ciò che ho detto, alle risposte che ho ricevuto, a ciò che avrei potuto dire e fare e non ho fatto.
Faccio un esame del sangue ed anche qui mi capita si sentirmi in ansia e preoccupata per la risposta che mi diranno.

Il mio sentirmi tesa, agitata, contratta quasi come se avessi una morsa che mi stringe, dura per ore.

Prima di addormentarmi, non riesco a stoppare i miei pensieri, vado avanti anche per un'ora pensando e ripensando prima di addormentarmi.

Se durante la notte mi sveglio alle 3 di notte per andare in bagno, non riesco ad riaddormentarmi. Cosa faccio? Penso per ore. Alle 6 del mattino quando dovrei alzarmi, sono stanca ed ho sonno.

Non ce la faccio più!!! Mi sento a pezzi.

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14.10.07

Trattamento del Disturbo Post Traumatico da Stress: la terapia cognitivo comportamentale

23:28:40, Aree di intervento: Disturbo Post Traumatico da Stress  

Trattamento

L’intervento cognitivo-comportamentale porta ad una progressiva riduzione dell’ansia e degli altri sintomi correlati all’evento traumatico, e nello specifico prevede l’applicazione delle seguenti tecniche:


- l’esposizione in immaginazione, questa tecnica è basata sull’esposizione del soggetto al ricordo del trauma attraverso resoconti verbali e immaginativi;

- l’esposizione in vivo, ossia il confronto graduale e controllato con quelle situazioni ansiogene precedentemente evitate dal soggetto;

- la terapia cognitiva, che si concentra sulle credenze e assunzioni del soggetto circa se stesso, gli altri e il mondo, procedendo ad una ristrutturazione cognitiva dei pensieri distorti dopo aver effettuato un assessment specifico e accurato.


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Situazioni evitate o temute da chi soffre di fobia sociale

23:22:44, Aree di intervento: Fobia Sociale  

Le situazioni sociali in cui le persone affette da questa patologia mostrano maggiormente i propri sintomi sono le seguenti, anche se comunque esse possono variare anche notevolmente da soggetto a soggetto:

Parlare in pubblico
Mangiare o bere in pubblico
Andare alle feste
Scrivere o firmare in pubblico
Guardare negli occhi la gente
Iniziare e poi mantenere una conversazione
Essere presentati ad altre persone
Effettuare chiamate telefoniche
Dare o difendere le proprie opinioni
Incontrarsi con persone sconosciute, del sesso opposto o da cui sono attratte
Essere in spazi chiusi dove c'è gente
Parlare in un gruppo piccolo
Parlare con persone di autorità
Fare o accettare complimenti

La fobia sociale può essere definita generalizzata se le paure vengono sperimentate nella quasi totalità delle situazioni sociali, mentre può essere definita specifica se l'ansietà viene sperimentata solo in determinate situazioni sociali, che possono variare da soggetto a soggetto

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Starbene: mente-corpo

Dott.ssa Maria Narduzzo
Psicologa Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Terapeuta EMDR
Docente dell'Istituto Watson
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