Disturbo narcisistico di personalità
Mirco
“… mia moglie ma anche tutte le altre donne, con le quali mi intrattengo per brevi o lunghi periodi, mi accusano sempre delle stesse cose: si sentono sole, non capite, non ascoltate.
Dicono che voglio essere sempre al centro della loro attenzione, richiedo complimenti, ammirazione e pretendo di essere ascoltato quando racconto qualcosa.
Non do sicurezza alle donne, temono di essere tradite e mi sentono sfuggente. In realtà non sono un uomo fedele, c’è stato un periodo in cui incontravo tre donne al giorno, adesso, forse per l’età, mi sono un po’ più calmato ma la tendenza è questa.
Per me è difficile comportarmi diversamente sono fatto così non ci posso fare niente.
Intrattenermi con le donne mi da stimolo, mi fa sentire vivo, cercato, desiderato. Come potrei rinunciare a tutto questo? Lo vedo impossibile!! Mi piace quando il mio cellulare squilla, io esisto. Mi piace corteggiare una donna, mi da una grande carica, gli sguardi, il cuore che batte, la desidero non vedo l’ora di portarmela a letto. A volte mi è capito di non interessare e in quel caso sono stato veramente male, non sono riuscito a conquistarla, non sono stato capace e l’umore si abbassa anche per giorni”
Siria
“sono una persona speciale, unica, non mi interessa perdere il mio tempo per salutare e parlare con chiunque. Che senso ha? Mi piace parlare soprattutto con gli uomini, il gioco è facile, loro mi desiderano, lo sento, mi cercano, mi invitano, il mio cellulare squilla a qualsiasi ora. Ciò mi piace da morire. Sento di avere in pugno gli uomini, posso fare quello che voglio con loro, mi piace giocare, fargli credere che primo o poi andremo a mangiare una pizza o che potremmo uscire un pomeriggio insieme.
Li tengo appesi ad un filo.
In realtà non mi interessa nulla di loro, so per certo che non ci uscirò mai, ma glielo faccio credere. Mi sento desiderata, al centro della loro attenzione, dei loro pensieri.
Quando il telefono non squilla, mi sento il peso del vuoto, la noia mi assale, mi distendo sul letto per ore e mi perdo nei miei sogni ad occhi aperti dove costruisco film in cui tutto va esattamente come voglio io”
Sonia
"...Vivo solo per me stessa e per curare il mio corpo. Ho un'idea di bellezza e di perfezione di me stessa molto alta.
Curo l'alimentazione, mi nutro solo di cibi sani. Mai e poi mai mangerei la cioccolata o una fetta di salame. Sono terrorizzata dall'idea che possano spuntarmi dei brufoli. Uso solo prodotti di un certo livello per detergere il mio corpo, non bado a spese. Non uscire mai di casa senza il gel alle unghie o con i capelli disordinati. Non mi sentirei a posto!!
Mi sono depilata in modo definitivo il corpo, non sopportavo i peli. Voglio la mia pelle liscia e vellutata come una pesca.
Mesi fa mi sono sottoposta ad un intervento al naso, ora il mio viso è perfetto. Trascorro ore ed ore davanti allo specchio per ammirare il mio cambiamento. Avrei dovuto farlo già da tempo. Mi sono scattata circa 2000 foto e confronto il mio profilo attuale con quello di prima. Non ci sono paragoni, il mio naso è bellissimo.
Il mio prossimo obiettivo sarà quello di mettere l'apparecchio ai denti per allinearli perfettamente, ma prima dovrò farmi estrarre i denti del giudizio. Ammetto di avere paura e solo l'idea mi crea ansia ma penso al risultato finale, avrò dei denti perfetti e ciò mi da la forza per affrontare il dolore.
Mi alleno rigorosamente tutti i giorni, frequento una palestra di alto livello dove posso incontrare persone che mi possono dare un valore aggiunto: calciatori, modelli, avvocati, medici"
Tutti coloro che hanno la trappola della deprivazione emotiva, si comportano allo stesso modo nelle relazioni affettive?
Esistono tre tipi di comportamenti:
1) Resa Alcune persone scelgono patner freddi, distaccati e poco capaci di dimostrare amore. Tendono, inoltre, a scoraggiare qualsiasi manifestazione di affetto nei loro confronti, mantenedosi esse stesse distanti. Non raccontando nulla di loro e tendono ad isolarsi.
2) Evitamento o fuga Le persone che presentano questo stile di coping evitano del tutto le relazioni oppure le intrattengono solo per un breve periodo.
3) Ipercompensazione Le persone si aspettano irrealisticamente, che gli altri soffisfano tutti i loro bisogni.
Origini della Deprivazione Emotiva
1) La madre è fredda e non affettuosa. Non tiene in braccio il bambino e non manisfesta il suo affetto con il contatto fisico.
2)Il genitore non dedica abbastanza tempo e attenzione al figlio. Sono pochi i momenti di gioco.
3)Il bambino non si sente amato, apprezzato, importante e speciale per il genitore.
4)Il bambino non percepisce il genitore come una guida preziosa e come un punto di riferimento a cui poter raccontare le proprie esperienze, paure ed emozioni. Si sente non capito e percepisce il genitore come non affidabile.
5)Il genitore non tranquillizza il figlio che imparara a tranquillizzarsi da solo.
6) Il genitore non ascolta o fa fatica a sintonizzarsi con i vissuti del figlio
Federica inizia la terapia perchè prova angoscia intensa:
"mi sento sola", "smarrita", "non so chi sono", "tutto mi è estraneo", "le persone le vedo estranee, ognuno è preso dalle proprie corse e dai propri impegni", "se dovessi star male, nessuno mi potrebbe aiutare", "l'ansia aumenta, devo scappare".
L'ansia e gli attacchi di panico derivano dalla sensazione di sentirsi sola, che aumenta quando Federica è sola a casa, ma è presente anche quando è circondata dai suoi familiari.
Federica ricorda la sua infanzia: "ero una bambina allegra, sorridente, ma sola. Sola in cortile, sola nella mia stanza. Avrei voluto giocare con mia madre, ma lei era presente fisicamente ma non mentalmente".
Ancora oggi, Federica si mantiene in uno stato di solitudine, rafforzando la deprivazione emotiva e la sua depressione. Quando è da sola in casa rivive la sua solitudine infantile, si blocca, rimanendo seduta sulla sedia ore ed ore senza far niente.
Quando sono presenti le figlie e il marito, tende a starsene per conto suo nella sua solitudine: non gioca, non condivide momenti, non parla.
Le figlie stanno sperimentando le sue emozioni infantili. Vivono con una mamma presente solo fisicamente ma non mentalmente, per cui alla fine preferiscono rimanere con il papà.
Federica, senza rendersene conto, ha ricreato un clima familiare privo di affetto e lo stesso vuoto emotivo che era presente nella sua famiglia di origine.
I suoi comportamenti rinforzano la trappola della deprivazione emotiva che si è originata nell'infanzia e la sua sensazione di non essere amata, importante e sola.
Matteo
“Non so neanche perchè sono nato”, “Forse non sarei dovuto nascere”. Più volte ho chiesto a mia madre il perchè mi avesse messo al mondo, lei mi ha sempre risposto “è normale fare un figlio, lo fanno tutti”. Alla domanda “mi vuoi bene?” Seguiva la risposta: “certo che ti voglio bene, sei mio figlio”. Ma questa risposta non mi ha mai convinto.
Mia madre casalinga, depressa da sempre, fredda, non ricordo un abbraccio, un gesto carino, un momento in cui trascorrevamo del tempo insieme. Non era previsto. Lei era troppo presa dalla sua sofferenza e in generale dalle sue cose. Per lei era importante che io mi comportassi “bene”, mi ricordava cosa avrei dovuto dire o fare in una determinata circostanza e con determinate persone. Sono trascorsi 25anni, nulla è cambiato, mia madre è sempre depressa, si lamenta della sua sofferenza e di quanto sia brutto il mondo. I nostri rapporti sono sporadici e formali: un the consumato parlando del più e del meno, senza domande personali che mostrini interesse ed attenzione nei miei confronti. Sono abituato e non mi aspetto nulla.
Mio padre impiegato, passivo, per lui era importante che le cose andassero avanti senza grandi problemi, litigi e discussioni. Mediava. Non ha mai fatto un passo senza mia madre. Più volte gli ho chiesto di andare a vedere una mostra insieme, mi avrebbe fatto piacere, ma mi ha sempre risposto di no. Ho solo un ricordo piacevole della mia infanzia: io e mio padre giocavamo con i soldatini. Mi divertivo, ridevo.
In settimana vivevo da mia nonna perchè i miei genitori lavoravano. A volte capitava che anche il fine settimana lo trascorressi dai nonni. La mia casa non era quella dei miei genitori, non la sentivo mia. Anzi meno ci stavo meglio era. Piccola, piena di animali, di libri e di oggetti comprati nei loro tanti viaggi, quella casa mi angosciava e ancora oggi, mi fa lo stesso effetto.
Ricordo la mia infanzia, solo nella mia stanza a studiare. Lo studio era il mio lavoro e lo facevo bene. Sono sempre stato il più bravo della classe, forse questo dava senso alla mia esistenza, mi dava un ruolo, un motivo per andare avanti ed essere riconosciuto dai miei genitori. Ero molto bravo anche nello sport e coltivavo vari interessi, forse tutto questo mi rendeva interessante agli occhi delle ragazze e dei miei compagni. Mi ricordo settimane trascorse fuori dall'Italia per una vacanza studio, qui ero uno come tanti: non il più bravo nello studio, non il più bravo nello sport. Un senso di vuoto e di angoscia .. tornai a casa.
Ho trascorso la mia vita sui libri, speravo di raggiungere obiettivi importante ma non ci sono riuscito, mi sento di non valere, sconfitto, inadeguato e sento di aver deluso i miei genitori. Dal quell'immagine di me solo nella mia stanza sui libri, oggi non è cambiato nulla, lavoro in casa da solo, senza orari, senza colleghi con cui scambiare una battuta. Ma per me è tutto normale, è un suono di campana che conosco.
Non ho mai parlato delle mie esperienze ai miei genitori. Mi sono sempre gestito da solo i miei dubbi, le mie emozioni, le miei difficoltà, non vedevo in loro un punto di riferimento, qualcuno capace ed interessato ad ascoltare e a capirmi veramente. All'età di sei anni prendevo il pullman da solo e a sette anni viaggiavo da solo in treno. Se ci penso, anche oggi sono solo e mi gestisco in modo autonomo le mie cose, senza chiedere a nessuno. Penso che potrei disturbare, l'altro si sentirebbe in dovere di accompagnarmi, non lo farebbe per piacere. Perchè l'altro dovrebbe essere interessato a me? Perchè dovrebbe avere il piacere di stare con me? Esattamente come da bambino, non mi sentivo importante, speciale e nessuno mi ha mai dimostrato un vero interesse, ancora oggi ho le stesse sensazioni e pensieri. Quando incontro un conoscente tendo a non raccontare nulla di me, ma esprimo molto interesse nei suoi confronti, ponendogli tante domande. Il mio modo di interagire con le persone rispecchia esattamente l’idea che ho di me stesso, una persona poco interessante e stimolante. Quindi perché parlare di me?
Vivo da solo senza una compagna, ho sempre pensato di non essere interessante per una donna, cosa potrei offrire?
Con la terapia, mi sto rendendo gradualmente conto che in realtà NON E’ VERO CHE NON VADO BENE e che NON SONO INTERESSANTE , ma questa è l’idea inconsapevole che si può generare in un bambino lasciato da solo da genitori non capaci di trasmettere interesse, amore e attenzioni, a causa delle loro caratteristiche (freddezza) e per le loro difficoltà (depressione).
Io dovevo, i piaceri non esistevano. Ho condotto una vita essenziale, ma non perchè mancassero i soldi, ma poche storie e bisognava andare avanti. Anche quando mi necessitava un paio di scarpe non venivano comprate, bisognava aspettare una ricorrenza per rinnovare il guardaroba. Mi ricordo che desideravo una giacca blu uguale a quella che indossavano i miei compagni, ma io dovevo continuare ad usare una vecchia giacca rossa. Ancor oggi questa è la mia vita, molto essenziale, non mi concedo quasi nulla, lo stretto necessario per andare avanti, nessun piacere, nessuno svago e non acquisto per il solo piacere di indossare un capo nuovo. Mi dico che è normale sono una persona semplice che non ha grosse pretese.
Nella mia vita attuale ho ricreato, senza esserne consapevole, una condizione di deprivazione emotiva e di abbandono, riproducendo così la mancanza di amore, attenzione e di vuoto che ha caratterizzato la mia infanzia.
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Dott.ssa Maria Narduzzo
Psicologa Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Terapeuta EMDR
Docente dell'Istituto Watson
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