Sono SPORCA, una “POCO DI BUONO”
Martina è una giovane donna di circa 30 anni, da 10 anni soffre di Dissturbo Ossessivo Compulsivo(DOC).
Tutta la sua vita, i suoi pensieri, le sue emozioni e i suoi comportamenti sono condizionati dal suo disturbo ossessivo. Martina non ha la libertà di truccarsi, vestirsi in modo femminile, fumare, bere un caffè al bar, passeggiare serenamente per la strada, abbracciare un amico, un bambino e di lavorare.
Si attivano i suoi pensieri ossessivi, non desiderati, non voluti, amorali che le creano livelli di ansia pazzeschi. Lei si sente, così, sporca e un senso di schifo l’assale per cui DEVE emettere rituali per risistemare i suoi gesti e pensieri (compulsioni). Solo così, alla fine potrà sentirsi pulita, onesta, ma SOLO TEMPORANEAMENTE.
PENSIERI OSSESSIVI
“… non ti truccare prima di uscire da casa, perché vorresti truccarti, per piacere agli uomini? A si, tu vuoi piacere agli uomini!!! Cosa pensi di fare con loro? Vorresti andarci a letto?
Quando cammini per la strada abbassa lo sguardo, sistema i piedi a papera, metti i capelli dietro le orecchie ed indossa abiti larghi e mascolini, non vorrai mica piacere agli uomini!!! E’ passato un ragazzo, come mai ti sei toccata i capelli, volevi essere carina per lui? Lo hai fatto di proposito perché volevi piacere a quel ragazzo, sei una troia, sei una schifosa, sei una puttana …”
EMOZIONI
Martina sta male, piange, si sente in colpa, l’ansia si alza in modo incredibile. Non vorrebbe avere quei pensieri.
COMPORTAMENTO (COMPULSIONI)
Martina deve RIVEDERE, CONTROLLA e RICONTROLLA MENTALMENTE per verificare se effettivamente si è toccata i capelli proprio mentre passava il ragazzo. Si siede per terra in un angolo della cucina, con le mani tra i capelli, RIPERCORRE per poi dirsi “no, è tutto a posto non ho toccato i capelli, quindi io non volevo fare nulla di male”.
Spesso TELEFONA ai medici, agli psicologi, al marito e ai familiari, per CONFESSARE eventuali pensieri e comportamenti che il DOC le ha fatto vivere come non giusti. Martina ha bisogno di RACCONTARE, confessare per sentirsi rassicurata e tranquillizzata dagli altri, per sentirsi pulita e a posto.
Martina segue completamente il suo Disturbo Ossessivo Compulsivo.
Anche dentro casa la vita è un inferno. Le si attivano i pensieri ossessivi che le impediscono di accendere la musica, fare rumore, tenere le tapparelle alzate quando pulisce casa, …
PENSIERI
“… chiudi la finestra e tira la tenda quando pulisci casa, non vorrai farti vedere dal vicino di casa!!
Non accendere la radio, non vorrai mica farti notare dalle persone che salgono le scale, cosa vorresti fare con loro, tradire tuo marito?
Prima di uscire di casa guarda dallo spioncino, assicurati che non ci sia nessuno, non vorrai mica incrociare qualche uomo e andare a letto con lui? …”
EMOZIONI
Dubbi, vergogna, colpa, ansia, paura, un senso di schifo e di sporco l’assale.
COMPULSIONI
Pur di non provare quelle sensazioni, Martina esegue alla lettera gli ordini, i comandi, le indicazioni del DOC, lei non è libera di agire normalmente, ma è come se fosse telecomandata dai pensieri ossessivi.
Questi sono solo alcuni dei pensieri ossessivi che che il cervello le invia da quando Martina apre gli occhi fino alla sera poco prima di coricarsi e spegnere la parte frontale del suo cervello.
I pensieri ossessivi sono di varia natura: pedofili, aggressivi, sessuali. Falsi pensieri il cui contenuto amorale crea disperazione, ansia e umore depresso.
TERAPIA COMPORTAMENTALE
Martina ha iniziato da poco la terapia comportamentale. Finora è diventata consapevole che soffre di un disturbo d’ansia chiamato disturbo ossessivo compulsivo che le invia continui messaggi e la obbliga ad emettere gesti e comportamenti finalizzati a non sentirsi in ansia.
Attribuisce i pensieri ossessivi al DOC, un disturbo biochimico del cervello e come se il cervello fosse bloccato, inceppato e le invia continuamente messaggi . Non è facile, è una lotta, Martina fa uno sforzo cosciente per aggrapparsi alla realtà e andare avanti, ma spesso non è facile e segue il suo disturbo, la sua malattia rafforzandola, cementandola.
Il DOC si nutre delle sue compulsioni.
Martina piange, si dispera, è stanca, vorrebbe non avere quei pensieri ma ciò è utopistico. I pensieri sono automatici, arrivano anche se lei non li desidera, può imparare a gestirlo. Martina vuole essere una donna libera, felice, desidera avere un figlio e ciò le da la forza per andare avanti anche nei momenti di maggior sconforto.
In terapia ci siamo posti degli obiettivi settimanali.
Finora Martina è riuscita a raggiungere i seguenti obiettivi:
- tenere nella borsa sigarette, trucchi e caramelle
- truccarsi prima di uscire di casa
- camminare a passo non veloce
- tenere i piedi dritti
- ascoltare la musica dentro casa
- fare le pulizie con le finestre aperte
Comportamenti normali della vita quotidiana, ma non per Martina. Si attiva il suo DOC che le crea dubbi, perplessità, ansia, insicurezza e quel senso di sporco che la fa sentire “schifosa”, “troia”, non onesta.
Tra i futuri obiettivi ci sarà quello di riconoscere queste emozioni e sensazioni e di accettarle perché non sono reali, non corrispondono alla realtà ma sono brutte sensazioni che il DOC le fa provare come conseguenza dei suoi pensieri.
Martina dovrà diventare un’adolescente ribelle, oppositiva per sfidare il suo disturbo:
“mi dici che se indosso una maglietta attillata io sono una troia. STOP sono pensieri OSSESSIVI dovuti alla mia malattia. Io indosso lo stesso la maglietta perchè voglio essere libera. In questo momento sto provando una sensazione di sporco è normale è il doc che me la fa provare, io indosso la maglietta".
Il cambiamento comportamentale sarà difficile ma è la strada per indebolire sempre di più il suo disturbo, raffreddando la parte frontale del suo cervello.
Per la prossima settimana Martina si è posta l’obiettivo di fumare in macchina.
Credo in lei e le sto vicino
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Dott.ssa Maria Narduzzo
Psicologa Psicoterapeuta cognitivo comportamentale
Terapeuta EMDR
Terapia Cognitivo–Comportamentale di Gruppo per il trattamento del Disturbo di Panico: esperienza in un Centro di Salute Mentale
Narduzzo M, De Marzi G, Sapuppo V
I risultati di questo studio pilota pongono in risalto l’efficacia della Terapia Cognitiva Comportamentale di gruppo (TCCgr) per il trattamento del Disturbo di Panico.
Tale Terapia integra tecniche sia cognitive che comportamentali, con le quali si intende aiutare i pazienti ad identificare e modificare i pensieri disfunzionali relativi all’ansia, gli schemi di base e i comportamenti disadattivi.
La ricerca ha evidenziato che la TCCgr riduce la frequenza e l’intensità degli attacchi di panico con o senza agorafobia, dopo un breve periodo di tempo di 12 incontri a cadenza settimanale.
Tali risultati vengono mantenuti nel tempo, come dimostrano i follow up a 3 e a 6 mesi dal termine del trattamento e ciò rappresenta un punto di forza centrale per la valutazione dell’efficacia di tale terapia.
In accordo con la letteratura, la TCC risulta essere un trattamento di prima scelta per pazienti con disturbo di panico. Tale terapia è indicata per pazienti non rispondenti o parzialmente rispondenti alla terapia farmacologia, una strategia alternativa per coloro che desiderano interrompere i farmaci.
E’ stata, inoltre, discussa la possibilità di combinare la TCC e la terapia farmacologica antidepressiva, entrambi efficaci nel trattamento del disturbo di panico.
Introduzione
L’obiettivo della presente ricerca è duplice: offrire la possibilità ai pazienti con Disturbo di Panico di essere trattati con una terapia alternativa rispetto ai farmaci e alla psicoterapia classica, solitamente proposti all’interno di un Centro di Salute Mentale pubblico e successivamente sperimentare l’efficacia del Trattamento Cognitivo Comportamentale stesso.
Metodo di Lavoro
Invio
I 14 pazienti che hanno aderito al nostro studio, sono stati inviati dal medico-psichiatra di riferimento dopo aver effettuato una diagnosi di Disturbo di Panico, con o senza agorafobia. Tutti i pazienti segnalati hanno sostenuto un primo colloquio di conoscenza con una psicologa “neutra” in quanto non ha partecipato alla conduzione del gruppo, ma solo alla raccolta dei dati durante la fase di assessment e alla somministrazione dei test.
Assessment cognitivo comportamentale
L’assessment cognitivo comportamentale (o valutazione) è una raccolta di dati ed informazioni che consente al professionista di conoscere le caratteristiche specifiche del paziente.
Nell’assessment vengono analizzate le risposte comportamentali, fisiologiche, cognitive ed emotive al fine di valutare la presenza di un disturbo di panico e dei comportamenti agorafobici.
E’ importante, inoltre, valutare la presenza di eventuali manifestazioni e disturbi associati al disturbo di panico, che possono complicare il quadro clinico del paziente, al fine di scegliere il trattamento più adeguato da utilizzare.
Durante la fase di assessment, sono stati somministrati i seguenti test: SCID-II, HAMILTON ANXIETY SCALE (HAM-A), HAMILTON RATING SCALE FOR DEPRESSION (HAM-D), MARKS-SHEEHAN PHOBIA SCALE (MSPS-#490), PANIC DISORDER SEVERITY SCALE (PDSS), SHEEHAN CLINICIAN RATED ANXIETY SCALE (SCRAS -#480), LIEBOWITZ SOCIAL PHOBIA SCALE (LSPS)
Frequenza e durata della terapia
La Terapia Cognitivo Comportamentale di gruppo si è svolta in 12 incontri a cadenza settimanale, della durata di tre ore ciascuno.
Programma della Terapia Cognitiva - Comportamentale per il Disturbo di Panico
Il Trattamento Cognitivo – Comportamentale per il Disturbo di Panico fa riferimento al modello di Barlow che consiste in una combinazione di tecniche sia cognitive che comportamentali: fase psicoeducazionale, addestramento alla respirazione e al rilassamento muscolare, ristrutturazione cognitiva, esposizioni interocettive, esposizioni alle situazioni temute per pazienti che presentano comportamenti di evitamento agorafobico, assegnazione di compiti da svolgere a casa, corso per potenziare le abilità sociali.
Raccolta dei dati ed analisi statistica
I test utilizzati nella fase di baseline, sono stati risomministrati ai pazienti al termine del trattamento, nei follow up a 3 e a 6 mesi dal termine della terapia.
All’interno di ogni gruppo e nell’ambito di ogni scala di misurazione, è stata effettuata un'analisi della varianza per misure ripetute confrontando ogni tempo di rilevazione (post-trattamento, follow-up a 3 mesi e follow-up a 6 mesi) nei confronti della baseline.
Risultati
L’analisi statistica effettuata ha mostrato una significativa riduzione dei punteggi(p<0.05) in tutte le scale ed a tutti i tempi, rispetto ai punteggi ottenuti nella fase di baseline.
Si può affermare che la Terapia Cognitivo Comportamentale ha permesso la riduzione dei sintomi e tali benefici si mantengono anche a distanza di tempo.
L’analisi statistica ha permesso anche di rilevare che il gruppo di pazienti trattato solo con la Terapia Cognitiva Comportamentale ha permesso da sola la riduzione dei sintomi e che tali benefici si mantengono nel tempo.
Il gruppo trattato con la Terapia Cognitiva Comportamentale che assumeva farmaci prima del trattamento, ha mostrato una significativa riduzione dei punteggi.
La nostra ricerca non si pone come obiettivo la verifica dell’efficacia dei farmaci nella cura del Disturbo di Panico. Diversi studi in letteratura dimostrano la validità del trattamento farmacologico nel ridurre l’intensità e la frequenza degli attacchi di panico spontanei e/o situazionali, molto spesso si determina una catena di rinforzi positivi in grado di ridurre l’ansia anticipatoria e le condotte di evitamento.
Molti studi hanno, inoltre, comparato i risultati ottenuti dalla TCC e dalla terapia farmacologica, al fine di valutare l’efficacia dei singoli trattamenti per il disturbo di panico. Studi di meta analisi indicano che i risultati della TCC per il disturbo di panico sono uguali o lievemente superiori a quelli che si ottengono con trattamenti antidepressivi o benzodiazapine (Otto, 2001; Barlow, 2000; Biondi, 1999; Gould, 1995; Clark, 1994;1997; Iacobson et al., 1996; Barlow et al. 1995; Cottraux, 1995; Fava, 1995; Clum, 1993; Marks, 1993). Benchè tutti questi risultati suggeriscono un sottile margine di superiorità della TCC rispetto ai trattamenti farmacologici, una conclusione prudente è sostenere che vengono ottenuti risultati più o meno uguali con entrambi, durante il trattamento del disturbo di panico nella fase acuta.
Se consideriamo che la TCC e la terapia farmacologica, sono entrambi validi, ci chiediamo se l’uso combinato dei due trattamenti possa migliorare sensibilmente l’efficacia, permettendo di ottenere maggiori risultati. Purtroppo la limitata numerosità del nostro campione, non ci permette di trarre conclusioni generali.
Studi in letteratura hanno evidenziato dati discordanti: secondo alcuni studi, la somministrazione dei farmaci, durante il trattamento cognitivo comportamentale, permette di ottenere benefici aggiuntivi. (Marcus, 2007; Azhar, 2000; Stein et al., 2000; Bruce,1995; Pollack, 1994; Telch, 1994; Mavissakalian, 1990).
Diverse ricerche hanno dimostrato, invece, che tali benefici si verificano solo durante il trattamento della fase acuta, ma potrebbero non mantenersi nella stessa proporzione a lungo termine (Black, 2006; Starcevic et al., 2004; Barlow et al., 2000; Barlow, 1998; Gorman, 1998; Shear, 1998; Woods, 1998; Bouvard e colleghi, 1997; Sharp e collaboratori, 1996; Cottraux e collaboratori, 1995; Gould, Otto e Pollack, 1995.
Il gruppo di pazienti che assumeva i farmaci prima di iniziare la Terapia Cognitiva Comportamentale di gruppo e che è riuscito ad interrompere nell’arco dei sei mesi i farmaci stessi, ha mostrato una significativa riduzione (p<0.05) dei punteggi in tutte le scale ed a tutti i tempi rispetto a quelli ottenuti nella fase di baseline.
I risultati del nostro studio permettono di confermare i risultati di ricerche pubblicate in letteratura che hanno dimostrato che un breve programma di TCC durante l’assunzione e prima di iniziare lo scalare graduale della terapia, riduce le reazioni di paura legate ai sintomi ansiogeni, prima che tali sintomi si manifestano durante lo scalare farmacologico (Whittal et al., 2001; Bruce, 1995; Hegel, 1994; Spiegel, 1994; Otto e collaboratori, 1993).
Conclusioni
L’esperienza della Terapia Cognitivo Comportamentale di gruppo è risultata particolarmente gradevole e piacevole per tutti i partecipanti e non si sono verificati drop-out.
E' da sottolineare l'esperienza nuova per un Servizio di Salute Mentale pubblico di proporre il trattamento cognitivo comportamentale che solitamente rimare ad appannaggio di un servizio privato.
La nostra ricerca ha messo in evidenza l’efficacia della Terapia Cognitivo Comportamentale di gruppo nel ridurre l’entità e la frequenza dei sintomi dell’ansia nella fase acuta del disturbo. Tali benefici si ottengono in tempi brevi (12 incontri) e si mantengono anche dopo sei dal termine del trattamento.
La TCC può essere proposto come trattamento di prima scelta nei disturbi di panico con o senza agorafobia e per pazienti che desiderano sospendere i farmaci.
Dalla letteratura emerge, inoltre, che l’uso combinato della TCC con i farmaci, può dare risultati rapidi nel trattamento della fase acuta del disturbo. A lungo termine, la TCC applicata come monoterapia sembra dare benefici più stabili del trattamento combinato. In questo caso, la nostra ricerca non ci permette di trarre conclusioni generali vista la non numerosità dei pazienti.
La Terapia Cognitivo Comportamentale è stata di aiuto ai pazienti per identificare e successivamente modificare i pensieri automatici negativi rispetto ai sintomi dell’ansia, le credenze errate e i comportamenti disfunzionali. Al termine del trattamento, il paziente comprende la natura del proprio disturbo, acquisisce sicurezza ed impara a vivere le sensazioni fisiche legate all’ansia non più come pericolose per la propria salute. La persona acquisisce, inoltre, strategie efficaci per gestire l’ansia e per interrompere il circolo vizioso che si attiva nel momento in cui si percepiscono i primi sintomi dell’ansia e che culmina in alcuni casi nell’attacco di panico.
Tramite la terapia cognitivo comportamentale si riduce l’ansia anticipatoria, la persona impara ad esporsi direttamente e gradualmente alle situazioni evitate o vissute con disagio.
Come si comportano le persone che presentano la trappola dell'abbandono?
1) Resa Alcune persone possono scegliere patner poco disponibili e imprevedibili perchè sono già impegnati affettivamente, lavorano molto, abitano lontano, non desiderano impegnarsi, soffrono di depressione.
2) Evitamento Chi presenta la trappola dell'abbandono, può utilizzare uno stile di coping di evitamento per paura di essere abbandonata: Alessia evita gli uomini, rifiuta ogni loro invito e trascorre il suo tempo libero da sola o con le amiche.
Alessia ha instaurato e mantiene un circolo vizioso che la porta alla solitudine e alla sofferenza: sentendosi sola tende a mangiare per consolarsi, con conseguente aumento del peso. Essere in sovrappeso le offre il vantaggio di non piacere ed interessare agli uomini. Evita, così, qualsiasi tipo di relazione per paura di soffrire e di essere abbandonata, ma rimane in uno stato di solitudine e sofferenza che la porta a mangiare in modo eccessivo.
3) Ipercompensazione Siete gelosi, possessivi, ossessionati dalla paura di perdere il vostro patner e alla fine sentendosi soffocato tende realmente a lasciarvi.
Tutti coloro che hanno la trappola della deprivazione emotiva, si comportano allo stesso modo nelle relazioni affettive?
Esistono tre tipi di comportamenti:
1) Resa Alcune persone scelgono patner freddi, distaccati e poco capaci di dimostrare amore. Tendono, inoltre, a scoraggiare qualsiasi manifestazione di affetto nei loro confronti, mantenedosi esse stesse distanti. Non raccontando nulla di loro e tendono ad isolarsi.
2) Evitamento o fuga Le persone che presentano questo stile di coping evitano del tutto le relazioni oppure le intrattengono solo per un breve periodo.
3) Ipercompensazione Le persone si aspettano irrealisticamente, che gli altri soffisfano tutti i loro bisogni.
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Dott.ssa Maria Narduzzo
Psicologa Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Terapeuta EMDR
Docente dell'Istituto Watson
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